16/11/00

La Missione di Frate Giacinto

di Stanziani Remo di Bologna, Terzo Classificato

Il racconto descrive il dilemma di un frate ottantenne nel svolgere la missione per obbedienza di redimere le prostitute nel confessionale, abbandonando così la sua comoda e tranquilla esperienza contemplativa. E’ il dilemma fra cuore e ragione, fra le ristrettezze e i pregiudizi della seconda e la magnanimità e la larghezza del primo. La grazia non fa accezioni di persona, e la Fede va al di là delle ragioni sia del cuore e delle ragioni della ragione.

Il Padre Guardiano del Convento dei Frati Minori di San Francesco chiamo al suo cospetto frate Giacinto da Barcellona Pozzo di Gotto. “Confratello dilettissimo – gli disse con voce estrosa- mi tocca in sorte la gioia di comunicarti un grande evento che illuminerà la tua vita di servo del Signore. La nostra comunità conventuale è stata scelta per contribuire alla redenzione delle donne che vendono il loro corpo sulle strade. E’ una missione santa e santificatrice, che ci onora. Tu, fratello Giacinto, sei stato designato per coordinare e guidare l’opera nostra. Mi congratulo con te. Pace e Bene”. Tacciò nell’aria un ampio segno di croce e rimane in attesa di un “grazie” riconoscente. Frate Giacinto, invece, impallidì. Le sue labbra furono scosse da un incoercibile tremito emotivo. Quando riacquistò l’uso della favella gli riuscì di balbettare: “padre Guardiano illustrissimo, guida saggia di questo nostro convento, non ritieni tu che siffatto prestigioso incarico sia troppo pesante per le mie povere spalle di vecchio frate ottuagenario, che ha trascorso più di sessanta anni della sua vita terrena chiuso nella sua cella pregare per la salvezza delle anime e a meditare sul modo migliore per giungere puro al cospetto del Signore Iddio?”.
Il Padre Guardiano levò gli occhi al soffitto. Poi sospirò per l’evidente mancanza di fede dell’anziano confratello. Una furtiva lacrima inumidiva il suo candido ciglio quando sentenziò : “Mio amatissimo fratello Giacinto, non ci è dato vivere di sola meditazione. La nostra Regola – quella bollata con il sigillo del Venerato Pontefice Onorio Terzo – prescrive che i frati minori debbono servire il bene comune “con fedeltà e devozione”. Non v’è dubbio che la redenzione delle nostre disgraziate sorelle costrette allo squallore della prostituzione è un nostro prezioso contributo al bene comune. Non si può comparire davanti a Dio dopo una vita di sola preghiera e pretendere di essere accolti nella sua gloria. Sarebbe troppo comodo! Nella nostra ideale pagella di frati debbono figurare anche opere concrete. Fatti, e non solo parole, ancorché sante e pie. E’ vero, Giacinto, che il tuo corpo ha ottanta anni. Ma è altrettanto vero che il tuo spirito ne dimostra venti. Poiché non è il corpo che dovrai usare, ma lo spirito, tu sei l’uomo giusto”.
Frate Giacinto chinò il capo canuto, e s’avviò. Anche nella creba giornata di un vecchio frate possono capitare fatti sconvolgenti. Non era ancora giunto alla porta che sentì la voce autorevole del padre guardiano: “Sei atteso in Chiesa, fratello Giacinto. Il tuo lavoro è già cominciato. Auguri”.
Era un frate molto dimesso, nell’aspetto morale, quello che prese posto nel confessionale, attorno al quale erano inginocchiate sei donne. Che giornataccia! Non bastava il gravoso incarico piovutogli fra capo e collo! Anche il lavoro straordinario al confessionale ci voleva per sprofondarlo nell’afflizione!
Aprì la finestrella con l’aria di chi va alla tortura. AL di là della grata gli apparve il volto di una bellissima negra che gli sparò in faccia il conturbante sorriso a tutta chiostra di carnose labbra grevi di rossetto vermiglio, sgranando un paio di occhini le cui nerissime pupille risaltavano sul bianco delle cornee, mentre una zaffata di profumo di pochi soldi saturava il sacro ambiente con una virulenza talea soverchiare l’odore delle candele votive e dell’incenso.
“Dio sia lodato” farfugliò Frate Giacinto, che per poco non svenne quando sentì la risposta dell’esotica penitente: “Good morning, my dear”. Il trasecolato confessore non conosceva l’inglese. Non è necessario essere poliglotti per essere accolti nella comunità dei frati minori di San Francesco.
Tentò allora con quel poco di latino che gli era rimasto in memoria dai lontani anni del liceo: “Deus laudetur”, sospirò, ormai rassegnato. Ma provocò soltanto un frenetico agitarsi delle impiastricciate palpebre della negra, segno evidente che il latino non avrebbe risolto l’imbarazzante situazione.
Frate Giacinto era sull’orlo di un collasso nervoso quando un paffuto volto femminile seminascosto da una fitta frangia di capelli biondi che copriva gli occhi, s’inquadrò nella grata accanto alla bruna bellezza africana, mentre una squillante voce da soprano annunciava con sussiego “ Se occorre un’interprete sono a disposizione, Monsignore”.
Il povero confessore, che ormai basiva, colse al volo il provvidenziale intervento. Invitò la biondina ad accostarsi per prima al Sacramento. “Almeno capirò qualcosa”, pensò. La nuova penitente era un torrente in piena, talchè lo sconcertato frate dovette faticare per arginare la sua logorrea, dalla quale emerse i genere di peccato commesso, che era conseguenza del suo mestiere, di solito definito “il più antico del mondo”. Frate Giacinto conosceva il problema. Non era la prima volta che una donna gli confessava la pervicace violazione del sesto comandamento. In lui era maturata la convinzione che le donne costrette a vendersi sulla pubblica via potevano far parte del gregge cristiano almeno come le signore ingioiellate che frequentavano la messa domenicale, le quali commettevano lo stesso peccato senza correre gli stessi rischi.
Poiché le sei signore avevano in comune il mestiere, oltre che il conseguente peccato il frate optò per una generale assoluzione. Poi si avviò con lento passo strascicato alla sua cella nella speranza di riposarsi dopo i turbinosi eventi, mentre le sei signore biascicavano le preghiere della penitenza.
Ma fu raggiunto da un novizio, giunto da poco in convento per consolidare una recentissima vocazione, il quale gli comunicò che il padre guardiano desiderava conferire con urgenza. Frate Giacinto volse al cielo gli occhi supplici. Era lui, il penitente, non già le sei prostitute, pareva voler significare con le braccia levate per impetrare il divino soccorso .
Il padre guardiano lo accolse con un sorriso di incoraggiamento. “Come te la sei cavata con quelle signore”? Frate Giacinto riferì diligentemente il lavoro svolto.
“ hai accertato se sono state battezzate?” Il frate rispose che non gli risultava di dover chiedere il certificato di battesimo a chi si presentava al confessionale.
Il padre guardiano assunse un tono paterno” E’ diventato un problema per la Chiesa la gestione di chi si è stabilito da noi per vie anomale, e spesso clandestine. In attesa di improbabili direttive superiori il nostro convento deve affidarsi al senso di responsabilità dei frati confessori. Adesso ai le mani in pasta, mio caro fratello. Per cavarne buon pane dovrai lavorarla, e ti capiterà di infarinarti. Una pasta che si chiama umanità. Ti servirà, certo, la cristiana filosofia e la pietà in te sedimentatasi nel corso delle tue lunghe meditazioni. Ma dovrai integrarle con la Virtù cardinale della prudenza che, per dirla con San Tommaso “ è la retta norma dell’azione”. Tu sai bene che la prudenza può realizzare nella vita umana i principi della morale cristiana. Te ne servirà tanta, di prudenza, in questa magmatica società umana, così incerta e proteiforme., priva dell’ ”ubi consistam” e indifferente al Messia che verrà per indicare la giusta via. Dovrai usare l’arma incruenta dell’amore, come fece il nostro santo fondatore Francesco d’Assisi, ma anche la sapienza illuminata, come fece il nostro santo confratello Antonimo da Padova. Ciò significa che dovrai usare gli impulsi del tuo cuore e i pensieri della tua mente. E’ difficile, lo so. Forse impossibile. Ma noi frati dobbiamo provarci, anche se ci facciamo chiamare “minori”.
“Ti sarà utile avere alcune informazioni sulle signore da te già conosciute. La capogruppo è una è una serba ortodossa. Poi c’è una tedesca protestante, una scozzese presbiteriana, un ‘ebrea di origine bulgara, un’etiope copta e una marocchina musulmana. Hai così ha disposizione la gamma completa delle religioni monoteiste integrata da alcune varianti europee sull’interpretazione dell’insegnamento del Cristo Gesù. Non sono in grado di consigliarti, perciò ricorro a Dante Alighieri che ammonisce sia i religiosi che i laici: “Se bene si mira, dalla prudenza vengono i buoni consigli”. Che Dio ti assista.”
Frate Giacinto s’inchinò, e s’avviò. Fatti pochi passi gli sovvenne delle sei donne. Con l’aforisma dell’Alighieri che gli frullava per la testa stimò prudente dare un’ occhiata. Il gruppo compatto delle sei donne era raccolto in atteggiamento compunto al limite del presbiterio. Frate Giacinto si avvicinò, accolto da sei smaglianti sorrisi. Ricambiò con un gesto benedicente. Poi si mosse, finalmente, in direzione della sua cella. Ma non aveva ancora fatto tre passi quando un vagito lo inchiodò sul posto. La negra lo guardava con gli occhi di una cerbiatta che ha fiutato un leopardo.
Frate Giacinto si piazzò di fronte alla donna che stringeva al petto un bimbo di pochi giorni, nero come il carbone. “Come si chiama?” domandò, burbero. “Non ha ancora un nome”, interloquì la biondina teutonica. Il frate si sentì avvampare, come sempre gli capitava al cospetto di una nuova vita. Per lui una nuova creatura doveva subito essere consacrata con il Battesimo che, a suo parere, era la pietra d’angolo su cui si fondava la Chiesa di Cristo. Davanti a una vita novella Frate Giacinto metteva la sordina alla ragione e faceva parlare il cuore. Diceva che era la più evidente dimostrazione dell’esistenza di Dio, e anche della sua attiva partecipazione alle umane faccende. Dovere principale di ogni sacerdote – diceva – era acquisire anime alla Chiesa, perché il futuro di ogni anima – non aveva dubbi – non era concepibile al di fuori della Chiesa.
Perciò: “Il nome lo troviamo subito” dichiarò deciso “venite tutte con me”. Poi s’avvicinò al fonte battesimale con il pargolo fra le braccia. “Come si chiamerà?” domandò. Breve conciliabolo delle donne. “Gli sia imposto il nome di chi lo battezza” fu la risposta. La madre fece un cenno e sussurrò qualcosa all’orecchio della bionda tedesca.
La traduzione fu immediata: “Chiede che il Dio che sta in questa Chiesa stenda la sua mano protettrice sulla testa di suo figlio”.
“Così sia, Giacinto!”proclamò il frate con un punto d’orgoglio quasi paterno nella voce, aspergendo il novello cristiano con l’acqua lustrale, mentre il pianto del piccolo riempiva la chiesa e lacrime esotiche scorrevano per guance imbellettate.
La campanella del convento rintoccava la compieta quando Frate Giacinto, nel silenzio della sua cella, era già immerso nelle sue meditazioni.
“E’ possibile che un figlio di puttana, e negro, per giunta, diventi un buon cristiano?” si domandava, perplesso. “Si” rispondeva il suo cuore “perché sarà un uomo e sarà parte del tuo prossimo, che tu devi amare, e anche educare“.
“Forse sì e forse no” obiettava la sua ragione “perché un figlio di puttana non potrà essere avviato sulla retta via da una madre siffatta”.
W”Il rischio di andare per vie sbagliate è di tutti, non solo dei figli di puttana” affermava il cuore “inoltre l’amore cristiano non ha limiti, e la Chiesa di Cristo è casa e famiglia per tutti, come sta scritto nel Vangelo di Matteo. Quindi anche per le prostitute e i loro figli”.
“Non si può né si deve generalizzare troppo il concetto di amore cristiano, e nemmeno dilatare il concetto di prossimo oltre il popolo dei battezzati” controbatteva la ragione “perché allargando la base si perde in altezza e si privilegia l’astratto a danno del concreto”.
La campanella del convento rintoccava mattutino e Frate Giacinto si dibatteva ancora nel conflitto fra il suo cuore e la sua mente. La notte insonne gli aveva provocato una forte emicrania. Per lenire un po’ il dolore si recò nel chiostro, già illuminato dalla nuova alba. Le ultime parole di quelle donne gli martellavano in testa: “Gli sia dato il nome di chi lo battezza, e lo protegga Dio”.
Frate Giacinto levò le braccia al cielo. “ma questa è Fede!”, gridò. Aveva trovato la giusta via.
La testa non gli doleva più.

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