16/11/00

Manaos

di Rovini Maurizio Pisa, Primo Classificato

L’autore narra la storia immaginaria di un missionario francescano nella foresta amazzonica, che, nella lettera alla madre, descrive la durezza e le difficoltà del vivere questa sua scelta, ma anche dell’incommensurabile ricchezza umana che ne riceve. Le chiede da buon Francescano l’elemosina di medicine, vestiti e scarpe e le manda le foto di un bimbo che grazie a lui vive.

Cara mamma, per ritirare la tua lettera ho dovuto camminare a piedi nella foresta per due giorni ma non importa. Sono felice di sapere che state tutti bene al paese. Ho scritto soltanto “giugno” sopra nella data perché non so neppure in che giorno siamo, quaggiù non ha alcuna importanza. Piove sempre. Una cortesia ti chiedo e so che ti stupirai. Per un francescano come me chiedere oggetti di ricchezza suona molto strano ma è la pura realtà. Se tu vedessi i miei bambini, la loro miseria, il loro avere tutto del niente venderesti ogni bene e verresti qua da noi, come ho fatto io. Tu non capisti la mia scelta, volevi un figlio normale, come dicevi. Piangevi, lo ricordo benissimo e quegli attimi sono da sempre nel mio animo, come tristezza però. Tu non hai ancora capito che non hai perduto tuo figlio. Ho lasciato tutto e ciò che realizzai con le mie cose ci serve adesso. Una piccola scuola, un piccolo ospedale per i casi semplici; già i casi semplici. Da non anche la più piccola sciocchezza può essere fatale se non c’è la medicina adatta. Paradossalmente siamo circondati dalle piante che le generano le medicine per tutto il mondo ma il prodotto finito non l’abbiamo mai. Cercatori d’oro, avventurieri, pazzi scatenati che si accaniscono contro questa gente per strappargli l’unica cosa che possiedono, la terra e la loro cultura. La scorsa settimana ho avuto uno scontro con un politico proprio a Manaos sulla questione della nuova strada. Quel bel soggetto non vuole che si faccia. Dice che le nazioni Unite non hanno permesso che la foresta sia violata, che gli alberi non si toccano. Perché proprio qua dico io? Perché non portare un minimo di civiltà per far sopravvivere queste persone alle malattie e agli stenti? Perché in altre parti del mondo si permettono le stesse cose? Piango spesso perché non posso fare di più. Ti chiedi ancora nonostante il tempo qual è la ragione del mio divenire francescano? Del mio venire qua? Lo so che non mi approvi ma ti allego la foto, una delle rare che ho, del bimbo che io ho chiamato Gabriel, come l’Arcangelo. Guarda il suo sguardo felice, la sua gioia di vivere nei suoi quattro anni. I suoi occhi sarebbero ormai chiusi da tempo se non avessi portato con me gli antibiotici. Lui è la risposta alla mia vita, alla mia scelta e non rimpiango di certo la tua vita fatta di gioie terrene e materiali, di obiettivi assurdi dettati dal consumo. La vera vita è qua come lo è la morte.. Ti prego mamma mia, non inviare più una semplice lettera ma mandami delle cose, medicine, vestiti, scarpe ma non denaro, non sapremo di che farne. Allora sarò doppiamente felice di percorrere i due giorni a piedi nella foresta, per avere tue notizie e per portare la speranza alla mia nuova gente. Se avrai ancora dubbi sulla mia scelta, su questo abito che indosso, sul cordone che porto al fianco guarda la foto del piccolo Gabriel e sorridi.

Tuo Maurizio

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