16/11/99

Lebbra

di Nurchis Mario Sassari, Primo Classificato

L’autore del componimento nella prima parte ha dipinto con estrema efficacia e sintesi un momento cruciale della vita del santo che restituisce ad un lebbroso la gioia della guarigione del corpo nella carità di un abbraccio. Nella seconda parte calandosi nel personaggio evangelico del figliol prodigo sperimenta che la vera lebbra è quella del cuore e dei suoi sentimenti e che solo le braccia aperte dell’amore del Padre Celeste che attendono, guariscono e fanno vibrare di gioia indicibile.

Ho appeso al collo un campanaccio
per avvisare i sani della mia lebbra
ma un giovane mi guarda titubante
poi mi abbraccia e mi bacia
e io tremo dalla gioia
e ancor più felice mi accosto
alla fresca acqua limpida
che mi lava e mi cura.
Io sono perfettamente sano
onorato e rispettato da tutti
ma il mio cuore è malato di morte:
piaghe purulente di edonismo
pustole arrossate di superbia
ulcere sanguigne d’invida
croste infette di indifferenza
e fibre indurite d’egoismo.
E d’un tratto il party è un porcile
e quel che mangio sono carrube.
Lascio il drink e un falso sorriso
e so chiaramente dove andare
e il cuore già batte di gioia:
me la comunicano due braccia aperte
che mi attendono lassù
nella casa in cima alla collina

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