16/11/01

L’ultimo Pensiero

di Rovini Maurizio Pisa, Primo Classificato

Racconto duro, intenso. Tema: la pena di morte, che presenta un grosso inconveniente; se il condannato risulta, dopo la sentenza, innocente non può essere restituito alla vita. L’autore immagina le ultime ore, vissute con rabbia, di un innocente ingiustamente condannato. E nella veglia che precede la sua ultima alba, il condannato a morte chiede a Dio di poter rinascere non come uomo ma come cavallo parlante, per correre libero a raccontare l’inutilità e la profonda iniquità della pena capitale.

Sento la voce della mia disperazione, dell’angoscia che mi porto dentro. Di quel “vorrei” che tutti noi possediamo e che non osiamo mai ascoltare. Lasciare per una volta, una sola volta i cavalli liberi di correre nei prati della vita, lasciati con le criniere al vento, lasciati da soli. Vorrei correre come loro almeno una volta. Li guardo dalla finestra della mia prigione, una parete brulla di mattoni rotti che mi rode il fegato, che mi limita il pensiero oltre che il fisico. Eppure si deve pagare qualche prezzo nella vita, non c’è posto per chi sbaglia. In fondo è giusto. Non c’è sconto neppure per chi è innocente. Inutile averlo gridato a tutti, inutile aver proclamato la mia innocenza. Non ho ucciso mai nessuno, non mi sognerei mai di farlo, La mia colpa è stata solo di passare da lì nel momento sbagliato. Una donna pazza, un teste alcolizzato e una giuria in cerca di un colpevole. Tutto in un attimo e tutto finito. Non mi hanno voluto credere. Ed io impazzisco nel vedere la verde valle che ho davanti, come per toccarla, come accarezzare l’erba fresca del mattino, che cresce al dono della pioggia. Mille e mille giorni l’ ho guardata da lontano mille e mille sogni ho fatto davanti a questa finestra, davanti a questo vetro che è ormai l’unico amico mio. Se fossi libero vivrei ogni giorno da uomo felice, l’unico amico il Sole. Con il cuore libero di battere per la vita, per il domani ricco di futuro pregno di tutto quello che non ho adesso. Com’è brutto l’oggi se sappiamo che non ci sarà domani..
Sono stato lasciato da solo, fra queste pareti. Ho perduto tutto, famiglia, beni, affetti. Tutti mi hanno aiutato e poi abbandonato. La mia innocenza è naufragata nel nulla quotidiano, nel pensiero svanito di un decesso, di una mancanza grave da dimenticare in fretta. Questo sono io adesso. Un ricordo e basta.
Innocente, già! Siamo tutti innocenti qua dentro, non esiste uno solo che dica che è colpevole di qualcosa. La mia parola si perde tra le loro urla rabbiose e perisce. Anche la mia speranza, a poco a poco, è morta. La stanza che mi attende è l’unica liberazione, non soffrirò, mi hanno detto. Eppure, eppure… ho atteso anni di speranza invano. L’anima mia sa che non ho fatto nulla.
La rabbia mi travolge, mi avvinghia tutto nell’odio verso la giuria, verso il destino avverso, verso il fato che mi ha travolto. I volti dei giurati che avevo davanti sorridevano certi che una storia così a loro non sarebbe mai capitata mai, io stesso lo pensavo prima. Invece sono qua, ne lungo corridoio che porta alla stanza della morte, davanti alla splendida vetrata scura e guardo per l’ultima volta il mondo, la mia fetta del mondo che vedo. Il tuono reclama la mia attenzione,. Il fulmine saluta la mia esistenza con tutta la sua potenza.
Dio abbi pietà di me, perdonami per l’odio che porto contro questa gente cieca, ottusa, offuscata dalla vendetta. Fammi nascere ancora come un fulmine, dalla vita breve e intensa, rapida e potente. Non ci sarà più tempo per soffrire, per pensare, per farsi del male a piangere, ad imprecare per ogni momento perduto, in ogni attimo durante il quale la vita sfugge, durante il quale non si è vissuto. Sono nato al tramonto dove si osserva solo la fine della vita, la si intuisce ma non la si è vissuta. Fammi rinascere in un alba, magari dove gli uomini sono più saggi, dove capiscano che uccidere i propri fratelli è un errore, che comprendano che la giustizia vera è solo quella divina.
La mia rabbia mi ha devastato, la frustrazione dell’innocenza ha scavato la follia in me, stento a comprendere che tutto sta per finire, che tutto è scritto nei loro cuori, che la mia ora è scolpita nei loro volti, che Dio possa perdonarli per l’errore che fanno, io non lo posso fare.
Piove, piove forte. Il mio prato lontano si inchina al vento, ondeggia nel cielo scuro, dalle nubi nere, lo vedo bene. Per tanto tempo ho sperato di potermi sdraiare in quell’erba alta a guardare il cielo azzurro, come tutti noi, almeno una volta, speriamo di fare. Invece… la porta si apre e occhi si incrociano carichi di vendetta.
Sono innocente, urlo, ripeto, urlo di nuovo invano. Prima o poi qualcuno proverà quello che dico ma sono tutti sordi adesso, a loro non interessa se lo sono o no, vogliono un colpevole ora. Dio accoglimi bene, tu lo sai che non ho ucciso nessuno.
Fammi nascere come un cavallo, per poter correre per tutta la vita, correre sempre, ogni giorno sotto al Sole, imprendibile da quei pazzi che mi stanno uccidendo. Un cavallo, si, proprio un cavallo magari con il dono della parola per poter dire, a tutti quelli che incontrerò la mia storia, una delle molte della pena capitale; per poter giurare all’umanità intera che i soli assassini presenti in questa stanza erano soltanto loro, tutti coloro che avevo intorno.

Nessun commento: