12/10/05

La ruga che indossi

di Perricone Carmen - Siracusa, Seconda Classificata

Il tempo che passa lascia segni profondi in ognuno di noi. La vita, l’esperienza, i dolori, le gioie, le nostre emozioni possono essere lette tra le pieghe dell’anima ma anche tra quelle del volto. Le rughe indossate raccontano ciò che siamo a chi sa leggerle, sono tatuaggi naturali amati da chi ci ama.
Per aver raccontato quanto, col passare del tempo, i segni che individuiamo sul volto di una persona cara diventino per noi punti di riferimento, pagine sulle quali è scritta anche la nostra storia.

La notai un giorno all’improvviso. Se ne stava lì piazzata da chissà quanto tempio ed io non vi avevo davvero fatto mai caso. Non rimaneva ferma, anzi, dotata di incredibile vitalità, si contorceva tutta al ritmo dei movimenti della bocca, del viso, della testa. A me che la fissavo stupita, quella piega appariva adesso come la conclusione più naturale e più logica di un sorriso aperto e leale.
Sarà stato perché amavo quel viso che finii con l’amare anche quella piega? Da allora la ricercai con lo sguardo, la sua presenza mi divenne talmente familiare da procurarmi allegria e conforto.
Solitamente odiata, rifiutata, condannata, per me è diventata l’espressione più evidente di un fisico che si evolve sull’onda delle emozioni che “lasciano il segno”. Se è vero che sul corpo resta impresso il tracciato di tutte le nostre esperienze, ogni ruga esprime con tutta se stessa lo spirito dominante di chi la indossa.
Ci sono rughe tristi, con gli angoli rivolti verso il basso, che mostrano un prolungato strato di sofferenza, ansia, attesa. La ruga di cui parlo io è cosa ben diversa: in lei si trova invece apertura verso il mondo, dignità, fiducia, dedizione, sacrificio, rispettabilità,
E un corpo che possiede un tale “tatuaggio sulla pelle” potrebbe andare fiero di indossarlo.
Io non so se la persona in questione se ne renda conto. Che per me dietro quella sua ruga c’è racchiuso un mondo.

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