16/11/02

Nostos-alghià questione di poetica

di Nina Nasilli Padova, Prima Classificata

Con enfasi e cromatismi che si susseguono, l’autrice sprigiona sensazioni ed immagini in sequenze ben definite, recando per mano il proprio status lirico in un viaggio di ricordi e verità da accettare.
Per essa il silenzio è ancora l’inebriarsi della quotidianità.

Immagino gatti nascosti tra noi
e giovani scimmie senz’occhi né fiori.
Vedo pupille spuntare da palle lunari
e spiare l’esterno dal di dentro delle pietre – di città.
Poi mancano colori per questi disegni quadrati
e l’unto corposo dell’olio di lino.
Uguale – sulla tela biancorasa dei miei pensieri
s’abbozza uno schema principiante.
Ma non inventa oggetti per riempirlo
un pennello secco indurito d’inerzia.
La piuma s’incastra nei buchi erosi di improbabili muri
come un chiodo infisso senza ragione.
Non mostra – più – percorsi,
mi segna dei punti: parole lontane
di un magico gusto medievale
che allora potente apriva le porte
macigno di qualche ascosa verità – forse.
Solo Io insiste insofferente (indifferente) in un centro esterno dal mondo
e im-pietosisce ogni scrittura.
Quando noia mortale s’abbatte sui lembi di carne più esposta
la musa è vanitosa – s’imbelletta ed esce.
(Ma dio! È così immensa l’ansia di vivere – e l’angoscia di morire!?)
Non c’è stile adeguato – tapino o cortigiano.
Eppure il banale di oggi mi rassicura. Che c’è.
inebriandomi il silenzio
(Padova, primavera-estate 1997)

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