09/10/07

L'ultimo assist

di Caruso Francesco – Tusa (Me), Primo Classificato

Un calciatore sul finire della carriera contribuisce con un assist a far segnare ad un compagno il gol decisivo che permetterà alla sua squadra di “pivellini” di vincere il campionato europeo.
Per aver raccontato, attraverso la tecnica narrativa del monologo interiore, i pensieri che affollano la mente del protagonista che, con spiccata autoironia, riferisce sulla sua ultima partita giocata.

“Ma guarda che idiota. E passala quella palla. Non sei Pelè”. Peccato non poterglielo urlare. L’allenatore non gradirebbe. E questo sarebbe il mio erede, il nuovo regista della nazionale e della squadra più sculettata del Paese. Bell’erede…
Ma che ci faccio qui, seduto in mezzo a questi sbarbateli? Ah già, sono il vecchietto in gita premio al campionati d’Europa per nazioni. Una specie di santino, insomma. Il calciatore più talentuoso degli ultimi 10 anni portato in giro a mò di icona, per gli autografi, le foto con le vichinghe e le strette di mano. Ma di giocare manco a parlarne. Troppo vecchi caro Donati. Così mi ha detto il Presidente. Ti portiamo con noi, ma solo per l’immagine. L’immagine! Che stronzo. E che sono diventato, uno spot? Dovresti ringraziarci, mi ha anche detto quel cornuto (si, è cornuto, lo sanno perfino gli uscieri della Federazione). Apprezza la franchezza. E poi mi ha dato pure una bella pacca sulla spalla. Alé, abile arruolato. Ma con la consegna di non rompere i coglioni. E io qui ci sono venuto lo stesso, brutto verme, anche se a te avrebbe tanto fatto piacere uno sdegnato rifiuto. Così liberavi un posto per quel fighetto ventenne dell’under, il figlio di quell’ex portiere amico tuo, quel ragazzino presuntuoso che passa per genio per aver tirato un paio di punizioni “a foglia morta”. Io ho segnato almeno 30 gol così, tirando a palombella: il portiere si accorgeva del pallone quando era già dentro. Ma Ettore Donati non è mai stato paragonato a nessuno, era Ettore Donati e basta. “Bel calciatore, si, è elegante, ha visione del gioco, dribbling, un bel lancio…” e bla bla bla bla. Troppo elegante, però. Troppo tecnico, poco muscolare. Fuori dal tempo. Un lusso che il calcio di oggi non si può permettere. Oggi vanno di moda questi qui, tutti bicipiti e pettorali. Sembrano gonfiati con la pompa per canotti. Correre, correre. Correre e dar pestoni. Siamo tornati al calcio di Firenze. E allora Donati non va bene, anche se non ha nemmeno 32 anni E già vecchio, Donati, perché fa ancora i tunnel e i pallonetti, povero illuso. Gioca ancora alla foca ammaestrata, ‘sto rimbambito.
“Tira, Venturin tira!” Porco demonio, Venturin è la finale. La finale! Non sei al campetto dell’oratorio, non ti giochi una coppetta di latta. E’ la finale della Coppa d’Europa. Erano secoli che non centravamo una finale, Venturin. E tu che fai? Ti presenti da solo davanti al portiere e t’incarti sul più bello. E meno male che sei il capocannoniere del campionato. Il capo-coglione del campionato sei, ecco cosa sei.
Tutti così questi ragazzi, giganti di cartapesta. Però è la migliore nazionale degli ultimi tre lustri, bisogna ammetterlo. Sarebbe un peccato fallire questa occasione. Magari avessi avuto io quei due mediani, quando ero titolare fisso. Il fiore nel deserto, mi chiamavano, i giornalisti, perché ero l’unico talento in una squadra di carciofi. Eppure me le sono tolte anch’io un paio di soddisfazioni: quel gol ai tedeschi in amichevole… Stop di petto e tiro al volo in mezza rovesciata. Mamma mia, venne giù lo stadio. Io ci ho sempre tenuto alla nazionale, rispondevo alle convocazioni pure con la febbre. L’inno la bandiera.. Ora questi qui quando cantano l’inno sembrano una comitiva di celebrolesi scappati dall’ospedale. E se hanno il ginocchietto sbucciato, mandano subito il certificato medico.
“Gesù per un pelo. Non è entrata per un pelo… e stiamo più attenti in difesa! Se segnano, non li riprendiamo più”.
Ma perché non sono andato in tributa come le altre volte… Che poi stasera c’è pure Antonio tra gli spettatori. Ha visto che stavolta sto in panchina e pensa che forse mi faranno giocare. Vallo a spiegare a un ragazzo di 12 anni che il “panchinaro titolare” s’è infortunato in allenamento e che il padre è messo qui solo per fare numero.
Che dicono ‘sti due qua accanto? Madonna, che bestie. Vorrebbero mandare il nostro terzino destro in marcatura a uomo sulla loro ala. Bravi, così perdiamo la spinta sulla fascia e ci facciamo chiudere nella nostra area. La loro ala è un cesso, non c’è bisogno di marcarla: si marca da sola. Lo capirebbe pure un bambino. A questi puzza ancora l’alito di latte e già ragionano di tattiche…Stiamo messi bene!
“Ehi arbitro, i cartellini colorati non te li hanno dati per ornamento del taschino! Quello è un fallo di espulsione, venduto!” Va là che s’è fatto male per davvero. Pensavo che recitasse. Ecco, portategli l’acqua miracolosa, così si riprende.
No, non si riprende. “L’erede” è andato. Bel guaio a cinque minuti dalla fine. Mi sa che per il titolo di commendatore e devi aspettare il prossimo giro, mister. Questi giocano in casa. Supplementari, rigori e ti saluto la coppa. Sempre che non arrivi prima il golletto.
E ora chi ci mette? Sicuramente uno dei due armadi seduti vicino a lui. Non è più tempo di fiordalisi. Però io al suo posto non la butterei sull’agonistico: i nostri amici sono nordici, hai voglia a stancarli.
Io? Devo entrare io? Deve essere impazzito. Dopo la partita il Presidente se lo cucina in fricassea.
Entro, entro… Che si crede che me la faccia addosso? Certo che qualche minuto di riscaldamento non mi sarebbe dispiaciuto. Fa niente sono pronto lo stesso. Sì sì… ho capito. Lo so quello che devo fare. Mamma mia, ha la faccia bianca come un cencio. Su con la vita, è solo la Coppa Europa. Ih ih… Vuoi vedere i tacchetti? Eccoli qui. Belli vero? Ora mi fai entrare, fallito di un guardalinee?
Che vuole lo stopper? Sta correndo da me come un matto. Forse s’è innamorato e vuole darmi un bacio. Figliolo, non sei il mio tipo. La fascia di capitano? Ecco cos’era… Eh già, dimenticavo: ora che sono entrato, la devi dare a me, piscialletto.
“Calma, ragazzi, calma: continuiamo a giocare come sappiamo fare. Ancora non hanno vinto niente. Lo so che siete stanchi, ma dobbiamo stringere i denti. Tra poco ci aspettano i supplementari”.
Roba da pazzi! Cosa credevano di giocare contro il Dopolavoro Ferrovieri? Qua c’è da sgobbare, bimbi. Sono così spigliati quando firmano qui contratti stramiliardari e vanno in discoteca con le veline… Guardali ora: sudati, stravolti, con le magliette strappate e le strie di terra sulle cosce. Manca solo che qualcuno si metta a piangere e a invocare la mamma.
Quanto manca alla fine? Meno di un minuto, forse. Recupero? Niente. Meglio, questi non cela fanno più. Bello ‘sto rilancio su calcio d’angolo. Contropiede. Ho la palla e mezzo campo libero. No, c’è quello spilungone della difesa che mi sta appiccicato addosso. Ma in velocità lo frego. Sono fresco. Mi fermo all’improvviso e poi riparto. Ecco, l’ho saltato. Dribbling secco sullo scatto. E’ finito a gambe all’aria, povero stoccafisso. Ha tentato di stendermi e al posto dei miei stinchi ha trovato l’aria fresca. Ciao, ciao.
Dov’è quel coglione di Venturin? Stanno arrivando da dietro come forsennati. Eccoli lì che corre, col terzino alle calcagna. Un passaggio filtrante penso di saperlo fare ancora come si deve. Oplà, appena in tempo. Maledizione, testa di cavolo di un mungi-renne, che bisogno c’era di tranciarmi le gambe così? Ho già due menischi rotti, brutto figlio di una buona donna.
Ha segnato.
Non è possibile. Il coglione ha segnato. Anche un bel gol: diagonale rasoterra da sinistra a destra e palla all’angolino. La coppa è nostra. Non ce la faranno mai a pareggiare, manca troppo poco alla fine. Eccoli lì che si abbracciano e si baciano come se avessero vinto la guerra. Sembrano invasati. La panchina è esplosa. I nostri tifosi sono in delirio. Scrivono sempre così i giornalisti, in questi casi. Però è vero. C’è l’inferno. Che faccio, mi alzo? Magari se mi alzo qualcuno di loro si ricorda che trequarti del gol sono merito mio. No, non mi alzo. Me ne sto qui disteso sull’erba fino alla premiazione. Tanto la partita non riprende più, vedo l’arbitro con il fischietto in mano. Tutto finito, siamo campioni. Sono campione.
Ma guarda questo, ci fosse uno che si degnasse di venire da me. Errore uno c’è: il portiere. L’ho sempre detto che è un bravo ragazzo. Un po’ farfallone come portiere, ma bravo ragazzo. Si grazie, dammi una mano a rialzarmi. Sì abbracciamoci noi, visto che gli altri manco ci cagano. Le lacrime no, però. Non ti sembra di esagerare?
E adesso che faccio? Saluto tutti con la manina, mi vado a fare una doccia e ci vediamo per la festa.
Antonio dov’è? Eccola lì la mia coppa, la più bella di tutte. Ride e salta sulla sedia. S’è pure dipinto la faccia con i colori della bandiera. Si, tesoro, abbiamo vinto grazie a quel rottame di tuo padre. Dillo a tutti quelli che ti stanno attorno. Dillo anche a quell’arpia di tua madre, che per me ha il nome dolcissimo di ex-Moglie.
C’è l’allenatore che mi viene incontro Ora sì che ha ripreso colore. Mi tende la mano. Sì certo, grazie mister. Anche lei è stato bravissimo. Quanta ipocrisia! E dillo che non mi hai mai sopportato, che hai litigato per giorni con la Federazione perché non volevi inserirmi nella rosa. Però al momento opportuno ti ho fatto comodo.
Dov’è l’uscita? Eccola là. Permesso, permesso. Sì, grazie. Siete stati splendidi anche voi dagli spalti. Minchiate: sono rimasti in silenzio per tutta la partita, annichiliti dagli attacchi a ripetizione dei nostri avversari. Guardali adesso, sembrano tanti ubriachi. C’è quella ragazza che tra poco si toglierà pure le mutandine.
Oh, finalmente sono arrivato. Mannaggia a lui il Presidente. Sentiamo che vuole. Dice di fermarmi. Perché? Sto solo andando a farmi una doccia prima che arrivino gli altri, Non ce n’è bisogno, perché ho giocato poco? E che ne sa lui? Io comincio a sudare immediatamente. Vado e risalgo, dottore, tranquillo. Dice che non posso. E perché? Mi dice di voltarmi. E che ci sarà mai dietro, miss Scandinavia con le poppe al vento? No, non c’è. Ci sono invece quei 10 pivelli che mi vengono incontro con un gran sorriso cretino stampato sulle loro facce di tolla. Ma che vogliono?
Mi sollevano. Ehi, fate piano. Mi portano in trionfo. Il giro del campo. Cazzarola, non correte così. Non lo dovevano fare. No, dico davvero. Avrei preferito che mi ignorassero. Se mi portano in trionfo, vuol dire che è proprio finita. Non lo dicono, ma lo pensano, lo so. Bravo, ci hai fatto vincere ma ora levati definitivamente dalle palle, tu e i tuoi numeri da prestigiatore. Appendi le scarpe al chiodo, si dice così no? Non vi preoccupate, che il posto non lo posso togliere più a nessuno. Gioco ancora un paio di anni in serie B, nella squadra del mio paese, e poi apro un bar-tabaccheria. Sissignori, un bar-tabaccheria. Che c’è di strano? E’ sempre stato il mio sogno. Che dite? Che potrei fare il dirigente di una grande società? Ma per favore… non mi ci vedo in giacca e cravatta. In questo calcio, poi. Troppi soldi, troppi affari. A me gira la testa già con le bollette, figuriamoci con i bilanci. No, no, niente da fare. Io sono l’ultimo esemplare di una specie estinta: quella dei calciatori che a fine carriera aprono un bar-tabaccheria. E che l’ultimo assist lo fanno in cortile, dopo aver dribblato il cane.
Bar sport. Donati. Suona bene, non vi sembra?

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