09/10/07

Nel silenzio della mia anima

di Maddalena Roberta - Siracusa, Secondo Classificato

Il passato che torna, la ragazza di un tempo riemerge dalla memoria urgentemente, prepotentemente, chiedendo spazio e attenzione alla donna di adesso, una donna che avrebbe potuto essere moglie e madre ma non lo fu, una donna perduta tra i ricordi cristallizzati di un’epoca vissuta in felice incoscienza, ricordi che vengono subito in soccorso nei momenti bui della vita, quando, per esempio, ci illudiamo, ma non più di tanto, di poter ricostruire qualcosa che sappiamo essere ormai distrutto per sempre.
Per aver rappresentato il dolore benefico di chi, attraverso un percorso di disincantata consapevolezza, giunge a comprendere la propria non-identità.

… ho udito me stessa, una ragazza di molti anni fa, vagava inquieta, parlando ad alta voce e stropicciandosi nervosamente le mani. Piccole gocce di sangue coagulato sembravano formare disegni sui dorsi scheletrici. Niente di lei poteva fare immaginare che un tempo avesse amato… nuda fra le lenzuola aveva riso, illuminandosi mentre il respiro del suo manate aveva finito con il trasformare il gioca di una ragazzina in quello di una donna.
Nel rumore della quotidianità, a volte, quando il peso delle responsabilità finisce con il cortocircuito del pensiero e un tremore nella vista, per un istante è come se fossi in contatto con il suo mondo, come se lei, la ragazza, cercasse la mia attenzione. In quei momenti non mi fermo mai ad ascoltarla, ma oggi è un giorno speciale, un anniversario speciale per entrambe e ho deciso di rispondere alla sua strana chiamata. La trovo, ha il volto disteso, abbozza quasi un sorriso ma lo sguardo sembra perso nel vuoto, fissa un punto davanti a sé ma io non vedo niente. Lei mi nota e m’invita con un gesto della mano a sedermi accanto. Siamo molto vicine, posso sentirla respirare ma continuo a non vedere, a non capire, non riesco a distogliere lo sguardo dal sangue coagulato che tira la pelle delle mani e poi, all’improvviso….
…mi trovo in una scuola, ci sono tanti bambini, le maestre si sforzano di farli stare seduti ai propri tavoli, li invitano a finire il pranzo…. C’è molta confusione e molto rumore, ma adesso so che cosa, chi cercare…. Mi riconoscerà? Vorrà vedermi? Mi odierà? Ed io come farò a capire chi è, tra tutti questi piccoli esseri, la mia bambina? Mi sembra che mi manchi il respiro, quando il mio sguardo si ferma: è piccola per la sua età, magra, ha i capelli molto corti e castani, sembra un uccellino. Si è alzata di scatto dalla sedia e mi fissa, forse aspetta un mio gesto?! Poi, senza esitazioni, un sorriso identico a quello di suo padre le illumina il volto e, correndo, mi butta le braccia al collo e sussurra: <>…
… Apro gli occhi… sono sudata, affannata e non riesco a smettere di piangere… è buio… muovo freneticamente le mani alla ricerca di un particolare che mi sia familiare… le lenzuola, una parete… urto qualcosa che, cadendo, produce un rumore sordo… a questo punto dovrei capire dove mi trovo… niente… nessuno sembra essersi accorto della mia rumorosa presenza….
Improvvisamente la suoneria di un telefonino ferisce l’aria… sembra una canzone di successo degli anni ’80 … non ricordo il titolo… so che è un mio pensiero di nessuna importanza e una strana sensazione s’impadronisce del mio essere normalmente così razionale: sono furiosa!!! Questa è casa sua, il suo letto, il suo telefonino…. Adesso lo posso sentire, bisbigliare in un’altra stanza…. Una luce accesa altrove nell’appartamento crea una leggera penombra che giunge fino al letto… mi alzo e cerco nella confusione di lenzuola e sentimenti i miei vestiti… …una maglietta, un paio di jeans… ma che ci faccio qui? Che razza di donna sono diventata? Riconosco i segni della notte appena trascorsa: tocco con la punta delle dita il collo di una bottiglia di birra vuota… ne conto parecchie, a coprire la superficie di un vecchio tavolino… c’è un forte odore di sigarette spente nell’acqua o meglio in qualche liquido non più riconoscibile sul fondo di un paio di bicchieri…. Mi avvicino alla portafinestra e sollevata la serranda esco su di un piccolo balcone.
La notte m’investe di colori e gli odori tipici di questo inizio d’estate siciliana… non c’è la luna a specchiarsi nel mare calmo e piatto davanti a me, la luce arriva flebile da qualche lampione sul lungomare di Ortigia…. Nell’aria c’è odore di cibo cucinato in ristorantini affollati di turisti, mescolato al profumo dei fiori sui balconi addobbati per qualche festa di quartiere.”Sono confusa e molto stanca”, penso e mi lascio scivolare per terra con le spalle al muro… mi stringo le ginocchia al petto e mi ripeto in silenzio che dovrei andare, allontanarmi il più possibile da questa notte e da questo appartamento, mettere nuovamente chilometri di noiosa e banale quotidianità tra me e lui. Me lo ripeto, ma resto immobile… una coppia un po’ brilla ride rumorosamente mentre passa sotto il balcone… la risata di lei ricorda un po’ la mia, qualche anno fa…. Maledizione! Mi dico ad alta voce. Faccio per sporgermi verso l’interno della stanza… lui se ne sta ancora altrove, con il telefonino incollato all’orecchio, ma adesso ha smesso di bisbigliare, avrà pensato che è meglio che senta… lo conosco così bene! Fosse un altro non vi darei peso, ma la mia anima malata doveva scegliere nuovamente lui per toccare il fondo e ricominciare a scavare?! Si starà dicendo:”meglio che capisca da sé che c’è un’altra, una che è convinta di essere l’unica, una che non vuole ferirmi, una che sa come amarmi”, una che non sia io.
Non saprei dire per quanto tempo rimasi immobile, seduta su quel balcone…dopo in po’ che lui aveva smesso di parlare al telefono, fu chiaro che non sarebbe venuto a cercarmi e quando finalmente mi decisi a lasciare l’appartamento non lo vidi nel breve tragitto verso la porta. Sapevamo entrambi di non esserci incontrati per caso, sapevo che lavorava nel pub dove avevo deciso di affogare la nottata appena trascorsa, ma di certo non avevo programmato che tutto sarebbe finito in un tentativo comune di rivivere il passato. Ciò che non so, è se lui ricordava l’anniversario che mi ha spinto a cercarlo.
…una notte di molti anni prima, quando amavo farmi chiamare con un nomignolo buffo anche dai colleghi in facoltà…. In un vecchio e accogliente appartamento del centro storico catanese…. Ce ne stavamo sdraiati su di un logoro divano di finta pelle, mezzi nudi per il caldo… appoggiata lui, facevo ciondolare una gamba sul pavimento e ogni tanto canticchiavo ad alta voce per distrarlo dalle sue letture… le nostre vite erano state da poco sconvolte da una notizia inaspettata, ma noi due sembravamo immuni dal caos che si sarebbe sprigionato intorno, tra i nostri familiari: aspettavamo un bambino!In questa calda notte di inizio esami l’avevamo trovato semplicemente naturale… e altrettanto semplicemente avevamo deciso di vivere per un altro po’ di tempo in uno stato d’incoscienza…. Creando uno dei ricordi più dolci della nostra breve vita insieme., immagini e sensazioni da riesumare nei momenti bui, difficili da giudicare, impossibili da rivivere. La luce di una lampada da tavolo lasciava la buio la maggior parte della stanza, nell’aria c’era ancora l’odore della cena e dalla strada provenivano le voci un pò brille dei nostri vicini, seduti a chiacchierare davanti l’enoteca. Non riuscivo a concentrarmi nella lettura, così poggiati per terra i piedi scalzi andai a prendermi un bicchiere di acqua ghiacciata in cucina… rimasi seduta a fissare il vuoto per molto, perché ad un certo punto me lo trovai chinato su di me, si era tolto gli occhiali da vista, aveva il viso maltrattato dal sonno e l’unica cosa che mi disse prima di condurmi a letto fu: <>.
Ancora oggi, se mi concentro, posso udire il suono di una goccia al contatto di una superficie liquida, posso vedere i piccoli cerchi concentrici che da quel punto si propagano increspando aritmicamente la superficie di quello che sembra un lago… è uno di quei ricordi dimenticati, sepolti più o meno volontariamente sotto altri più ricchi e formosi, nascosto fra le pieghe del tempo, riesumato dopo la notte trascorsa a casa di lui: è un tempo imprecisato, confuso adesso come allora, li ho persi da poco entrambi, io me ne sto seduta sulla riva del lago, quasi al contatto con l’acqua…. Una goccia dopo l’altra, un breve temporale estivo m i costringe a ripararmi sotto la tettoia del piccolo chalet dove alloggerò per la notte. Seduta su di un dondolo con un plaid sulle spalle mi godo le ultime luci prima del tramonto, intorno a me i rumori della montagna e le risate degli amici che mi aspettano al caldo per la cena….” A volte mi sembra di vivere una vita che in realtà non esiste, a volte è come se fossi riuscita a diventare madre e moglie…. A volte è come se non ci fossimo mai allontanati da quel divano di finta pelle…. Siamo rimasti lì noi tre, congelati nel tempo, dimenticati dal destino, salvi nel silenzio delle nostre anime.””

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