09/10/07

Un giorno diverso

di Rovini Maurizio - Pisa, Terzo Classificato

Ci sono giorni che cominciano come tutti gli altri, solite circostanze ed azioni che si ripropongono puntualmente ogni mattina. Poi l’imprevisto, un mazzo di chiavi dimenticato a casa…e tutto il mondo crolla.
Per aver descritto quanto il crollo di alcune fondamentali certezze possa ferirci e segnare per sempre la nostra vita.

Era un giorno come tanti altri, di quelli piatti e carichi di nulla. Proprio di quelle giornate con le solite cose che ti affollano la mente, orari programmati, il lavoro già nella testa che bussa alla tua attenzione, il bimbo da portare a scuola, dai che si fa tardi, sei sempre in ritardo.
Ordinario, lineare, direi ovvio. Non importa se fuori c’è il Sole, se c’è vento o fa caldo, solo se piove cambia qualcosa perché dobbiamo partire prima, c’è più traffico, tutti usano l’auto e la città diventa ancora peggio di quello che è di solito.
Lo zaino è troppo pesante, sei curvo sotto il suo peso. La scoliosi che può incombere, la crescita che avviene sotto i miei occhi e non mi rendo conto. Sei già grande e non ti ho visto mai. Tutto automatico, tutto frenetico, tutto programmato, anche il giorno intero, fino al sonno.
Non quel giorno, però. Avevo un sogno davanti ai miei occhi e non lo vedevo, correvo soltanto. Mai lasciare le chiavi dell’auto fuori posto e salire, risalire un attimo a prenderle ed udire, si udire. Parole dure le sue, sassi contro i vetri del cuore che piovevano diretti su di me ed io accasciato sul tappeto del corridoio, ansimante. Il bimbo che urla e chiama dalle scale, là in fondo, dai babbo dove sei finito? Perché ci metti così tanto? Faccio tardi a scuola.
Non lo so più dov’è babbo. So solo dov’era due minuti prima, adesso non lo so più.
Il cuore a mille, la testa ti gira, non è possibile che ella, la mia vita, proprio lei stia parlando con un altro uomo di amore.
Perché, dico io? Perché proprio a me? Ma non era tutto perfetto? Che cosa mancava mai?
E il bimbo che chiama. Faccio tardi, dove sei?
Ed il cuore che reclama la calma, non vivrai a lungo lo sai, se continui così? Urla anche lui e forse ha ragione. Calmati. Respira, respira, con fatica ma respira lentamente. Attimi che non passano mai ma devo udire fino in fondo. Il bimbo è disperato, che fine hai fatto? Dovevi prendere solo le chiavi. E’ sempre in fondo alle scale ma inizia a salire. La moglie lo sentirà e terminerà la conversazione ed io devo udire, devo sentire la sentenza ella mia morte.
Che fare? Il cuore non regge.
Non ti posso fermare, bimbo mio, non posso parlare, vorrei gridare ma non posso ma fermati lì dove sei e stai zitto.
In un attimo sono morto, lì sul tappeto, in un corridoio che non ha neppure una finestra, io che volevo morire al Sole, manca l’aria. Il mio vestito bello del lavoro, le foto con lei, una vita per lei tutto è intorno a me a me, tutta la mia vita in quel corridoio e lei è ancora al telefono.
Ecco che tutto ciò che avevo non esiste più, tutto è perduto ed io sono cieco e sordo. Come ho fatto a non vedere? A non accorgermi? Forse ho corso troppo, forse…
Il bimbo arriva e sente anche lui, piange con me in quel corridoio. Lei ci vede e sorride, neppure immagina da quanto siamo lì. Ci voltiamo non due e scendiamo le scale mano nella mano, io e lui. Nel silenzio del traffico che entra dal portone aperto, nel caos delle nostre idee, ne chiavi? Le ho prese, tranquillo non arriviamo in ritardo.
Bimbo mio, tutto va gustato, assaporato ad ogni istante perché in un istante, solo in un attimo, per due parole udite, può volare via.
Visto tu che ti preoccupavi? Non siamo arrivati in ritardo neppure stamani.

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